Titolo originale: The fist of God
Titolo italiano: Il pugno di Dio
Autore: Frederick Forsyth
1ª ed. originale: 1994
Data di pubblicazione: 7 novembre 1995
Genere: Romanzo
Sottogenere: Spionaggio
Editore: Mondadori
Collana: Oscar bestsellers
Traduzione: Roberta Rambelli
Pagine: 610
Nato ad Ashford, nel Kent, il 25 agosto 1938, Forsyth frequentò la Tonbridge School. Quindi l'Università di Granada, in Spagna. All'età di 19 anni, divenne uno dei più giovani piloti che la Royal Air Force abbia mai avuto. Lasciò l'aviazione nel 1958.
Quindi diventò un giornalista. Trascorse tre anni e mezzo lavorando per un piccolo giornale, prima di venire assunto dalla Reuters nel 1961 come corrispondente da Parigi, e successivamente in Germania e Cecoslovacchia. Nel 1965 passò alla BBC come reporter, sia in radio che in televisione. In questi anni prepara le bozze per i suoi primi due romanzi: Il Giorno dello Sciacallo e Dossier Odessa.
Durante la guerra in Nigeria è in Biafra per conto della BBC, ove rimane fino alla fine del 1967. Sul posto conosce la realtà dei mercenari, che descriverà ne I mastini della guerra. Tornato a Londra, la sua indagine sulla guerra in Biafra viene giudicata poco obiettiva, cioè di appoggio alla causa dell'indipendenza della regione. Per questo motivo lascia la BBC.
Nel 1968 ritorna in Biafra senza contratto, per poi trovarlo con il Daily Express e poi il Time Magazine. Scrive The Biafra story per denunciare le atrocità nigeriane, e le connivenze con i governi occidentali.
Nel 1970 scrive Il giorno dello sciacallo, che nel 1972 ottiene negli USA l'Edgar Allan Poe Award per il romanzo thriller più venduto. Nel romanzo scrive esattamente come era possibile all'epoca crearsi una falsa identità in Inghilterra; questo espose il governo (che usava abitualmente questa possibilità) a pesanti critiche da parte dei media.
Il suo metodo di scrivere i romanzi ha due caratteristiche principali: lo stampo chiaramente giornalistico (tanto che i suoi libri spesso sembrano veri e propri report giornalistici), e l'attenzione per la dimensione internazionale.
* The Biafra story, 1969
* Il giorno dello sciacallo (The day of the Jackal), 1971 Edgar Award 1972
* Dossier Odessa (The Odessa file), 1972
* I mastini della guerra (The dogs of war), 1974
* Il pilota (The shepherd), 1975
* L'alternativa del diavolo (The devil's alternative), 1979
* Emeka, 1982
* Nessuna conseguenza (No comebacks), 1983
* Il Quarto Protocollo (The fourth protocol), 1984
* Il negoziatore (The negotiator), 1989
* Il simulatore (The deceiver), 1991
* Great flying stories, 1991
* Il pugno di Dio (The fist of God), 1994
* Icona (Icon), 1996
* Il fantasma di Manhattan (The phantom of Manhattan), 1999
* Il veterano e altre storie (The veteran), 2001
* Il vendicatore (Avenger), 2003
* L'Afghano, 2006
* Il Cobra, 2010
E' vero che nel grande dispiego di tecnologia militare messo in atto dall'Occidente dopo l'invasione del Kuwait qualcosa è sfuggito agli occhi elettronici degli alleati? E' vero che c'è un'arma in mano a Saddam che potrebbe rovesciare le sorti del conflitto? Gli iracheni la chiamano Qubth-ut-Allah: "il Pugno di Dio". Mike Martin, ufficiale del Sas inglese dalla fisionomia vagamente araba, sembra l'unico in grado di seguire questa pista. Infiltandosi a Baghdad, deve entrare in contatto con "Gerico", l'uomo che può fornire altre informazioni vitali trasformandosi in talpa nella cerchia di Saddam. Il risultato delle scoperte di Martin indurrà gli alleati a rinviare l'invasione di quattro giorni, il tempo massimo concesso all'ufficiale per paracadutarsi fra le montagne irachene e portare a termine la missione più disperata della sua vita: scovare e distruggere "il Pugno di Dio".
Incipit:
1
L'uomo a cui non restavano che dieci minuti di vita stava ridendo.
Il motivo del suo divertimento era un aneddoto raccontato dalla sua assistente personale, Monique Jaminé, che lo accompagnava dall'ufficio a casa in quella sera fredda e piovigginosa del 22 marzo 1990.
L'episodio riguardava una collega della Space Research Corporation di rue de Stalle, una donna che tutti credevano un'autentica mangiauomini e che invece era risultata essere lesbica. L'inganno solleticava lo spirito da caserma dello scienziato.
I due avevano lasciato l'ufficio nel sobborgo di Uccle, nella capitale belga, alle sette meno dieci; Monique era al volante della Renault 21 Nevada. Qualche mese prima aveva venduto la Volkswagen del principale perché lui guidava in modo così disastroso da farle temere che prima o poi avrebbe finito per ammazzarsi.
Non più di dieci minuti di macchina separavano l'ufficio dall'appartamento nel palazzo centrale del complesso Cheridreu nei pressi di rue Francois Folie; ciononostante i due si fermarono a metà del tragitto, davanti a una panetteria. Entrarono e l'uomo comprò una forma di pain de campagne, il suo preferito. Il vento portava qualche spruzzo di pioggia.
Costretti a chinare il capo, non si accorsero dell'auto che li seguiva.
Non c'era niente di strano. Nessuno dei due era esperto in fatto di spionaggio e di pedinamenti. La macchina priva di contrassegni con i suoi due passeggeri dalla carnagione scura seguiva lo scienziato da settimane, senza perderlo mai di vista e senza avvicinarsi mai, limitandosi a osservarlo, e lui non l'aveva notata. Se n'erano accorti altri, ma lui non ne sapeva nulla.
Uscendo dalla panetteria di fronte al cimitero, gettò la pagnotta sul sedile posteriore e risalì in auto per l'ultimo tratto fino a casa. Alle sette e dieci Monique si fermò davanti alla porta a vetri del palazzo, a una quindicina di metri dalla strada. Si offrì di salire con lui per accompagnarlo fino all'appartamento, ma l'uomo rifiutò. Monique sapeva il perché: aspettava la visita di Hélène, la sua amante, e non voleva che le due donne si incontrassero. Lo scienziato si ostinava a sostenere, e le adoranti collaboratrici fingevano di credergli, che Hélène fosse soltanto una buona amica e gli tenesse compagnia quando lui si trovava a Bruxelles e sua moglie era in Canada.
Scese dall'auto, rialzò come al solito il bavero dell'impermeabile e si caricò sulla spalla la grossa borsa di tela nera che non lo abbandonava quasi mai. La borsa pesava una quindicina di chili e conteneva una quantità di carte, progetti, calcoli e dati. Lo scienziato diffidava delle casseforti ed era irrazionalmente convinto che i dettagli dei suoi progetti recenti fossero più al sicuro sulle sue spalle.
L'ultima volta che Monique vide il principale, questi stava davanti alla porta a vetri, la borsa su una spalla, la pagnotta sotto l'altro braccio, e si frugava nella tasca in cerca delle chiavi. Lo guardò entrare, vide la porta automatica di vetro che si chiudeva dietro di lui e ripartì.
L'accademico abitava al sesto piano del palazzo. I due ascensori correvano lungo la parete posteriore della costruzione ed erano circondati dalla scala, con un'uscita di sicurezza a ogni pianerottolo. Lui salì con uno dei due e uscì al sesto piano. Le luci fioche del corridoio si accesero automaticamente all'altezza del pavimento.
Le chiavi ancora in mano e la pagnotta sotto il braccio, l'uomo, leggermente inclinato per controbilanciare il peso della borsa, svoltò a sinistra e poi di nuovo a sinistra, proseguì sulla passatoia rossiccia e cercò di infilare la chiave nella serratura della porta del suo appartamento.
L'assassino era in attesa dall'altra parte del pozzo dell'ascensore che sporgeva leggermente nel corridoio male illuminato. Senza far rumore, girò intorno all'ascensore impugnando la Beretta 7,65 automatica con silenziatore, avvolta in un sacchetto di plastica per impedire che i bossoli espulsi si spargessero sulla passatoia.
Cinque colpi, esplosi da una distanza inferiore a un metro, tutti alla nuca e al collo, furono più che sufficienti. L'uomo alto e massiccio si accasciò contro la porta e scivolò sul pavimento. L'assassino non perse tempo a controllare; non era necessario. Aveva già fatto altre volte la stessa cosa, allenandosi sui prigionieri, e sapeva di aver concluso il suo lavoro. Scese le scale di corsa, uscì dal retro del palazzo, attraversò i giardini costellati di alberi e salì a bordo dell'auto in attesa. Dopo un'ora era al sicuro nell'ambasciata del suo paese, e dopo un giorno aveva lasciato il Belgio.
Forsyth è un maestro del genere spy-story, autore di romanzi come: "Il giorno dello sciacallo", "I mastini della guerra", "Dossier Odessa", "Il Quarto Protocollo" e molti altri. E' indubbiamente uno dei miei scrittori preferiti in questo genere e lo metterei con Ludlum, Le Carrè, Cruz Smith, direttamente sul podio.
Questa storia è meravigliosa, uno dei migliori dell'autore, se non il migliore, documentato tramite una fittissima ricerca dove si riesce a mischiare molto bene realtà e fantasia, prendendo le mosse dalla storia reale del super cannone; l'inizio è molto analitico entrando nel dettaglio di tutte le problematiche relative alle forniture di armi e tecnologia da parte di USA ed Europa all'Iraq di Saddam nel periodo in cui si cercava di usare l'Iraq per mettere i bastoni tra le ruote all'Iran.
La storia: poco prima dello scoppio della Guerra del Golfo, l'agente segreto inglese Mike Martin scopre che le truppe di Saddam dispongono di una misteriosa e potentissima arma denominata "Il pugno di Dio", un ordigno in grado di rovesciare completamente le sorti del conflitto. Nonostante l'incredulità dello Stato Maggiore, Martin riesce a infiltrarsi a Baghdad e a preparare un audace piano di sabotaggio.
Spionaggio, azioni dietro le linee, tanta tecnologia e spiegazioni da manuale nel più puro stile Forsyth. Ho letto tutti i suoi libri e questo è diventato subito il mio preferito perchè è avvincente, interessante e verosimile.
Consiglio vivamente la lettura di questo libro, sia per la parte puramente romanzata, ma anche per quella storica di ricerca, da ottimi spunti di riflessione su quello che era, ormai parliamo di una decina d'anni fa, lo scacchiere mediorientale.
Forsyth è un maestro indiscusso di questo genere.
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