Titolo originale: Storm of the Century
Titolo italiano: La tempesta del secolo
1° Edizione originale: 1999
Anno di pubblicazione: 2005
Genere: Giallo, Horror
Editore: Sperling & Kupfer
Collana: Paperback
Traduttore: Tullio Dobner
Pagine: 431
La chiamarono la tempesta del secolo perché fu l'apocalisse, davvero. Neve alta un metro e mezzo, raffiche a cento all'ora, capannoni risucchiati dal mare; perfino la torre del faro spazzata via dai flutti. Gli abitanti di Little Tall ne avevano viste di burrasche, ma questa... Little Tall Island è un'isoletta davanti alle coste del Maine. D'estate ferve di turisti e aragoste, d'inverno i pochi residenti - gente solida, di mare - restano a fronteggiare una natura ostile. Una comunità piccola ma efficiente, abituata a contare su se stessa e a custodire i propri segreti... Come in questa bufera, in cui l'isola rimane tagliata fuori dal mondo per più giorni e, assieme alla furia degli elementi, si scatena anche qualcos'altro. Qualcosa che nessuno aveva mai visto fino ad allora. Qualcosa che nessuno vorrebbe mai vedere. Poco prima che incominci a nevicare Martha Clarendon, ottantenne e invalida, viene aggredita selvaggiamente nella sua casa. E mentre il cadavere insanguinato si raffredda sul pavimento, l'assassino, con il suo bastone dalla testa ringhiante di lupo, siede tranquillamente in poltrona... ad aspettare. Sa che verranno ad arrestarlo. E glielo lascerà fare; perché è giunto fin lì per un motivo. E dopo aver inflitto dolore, morte e distruzione se li troverà infine di fronte, ridotti a un gregge tremante: lo sceriffo Anderson, la sua famiglia e tutti i membri dell'ordinata, esigua collettività. Allora detterà le sue condizioni: "Datemi quello che voglio e me ne vado". Alcuni morirono subito, altri anni dopo, oppressi dal ricordo prima ancora che dal rimorso. Quasi tutti morirono dentro. Perché quello che chiedeva li costrinse a guardare nell'abisso delle loro anime...
Incipit:
INTRODUZIONE
Il più delle volte, tre o quattro su cinque, diciamo, so dove mi trovavo nel momento in cui mi è venuta l'idea per una certa storia, quale concorso di eventi (di solito banali) mi ha fatto scattare la molla. La genesi diIt, per esempio, risale al giorno in cui mi trovai ad attraversare un ponte di legno ascoltando i tonfi sordi dei miei passi e pensando alla favola dei tre capretti. Nel caso diCujo fu l'incontro reale con un San Bernardo poco amichevole.Pet Sematary nacque dal dolore di mia figlia per la perdita di Smiicky, il suo amato gattino travolto in strada non lontano da casa nostra.
Altre volte non ricordo proprio come sono arrivato a concepire un particolare romanzo o racconto. In questi casi sembra che il germe sia un'immagine piuttosto che un'idea, un'istantanea mentale così viva da evocare personaggi e fatti un po' come si dice che i fischietti ultrasoni ci siano in grado di richiamare tutti i cani del vicinato. Questi sono, almeno per me, i veri misteri della creatività: storie che non hanno veri antecedenti, che sbocciano per proprio conto.Il Miglio Verde ebbe inizio con l'immagine di un nero enorme che, in piedi dietro le sbarre della sua cella, guardava avvicinarsi un inserviente che spingeva un vecchio carrello di ferro con una ruota cigolante, con il quale vendeva dolciumi e sigarette. AncheLa tempesta del secolo ha avuto origine da un'immagine di prigione: quella di un uomo (bianco, non nero) seduto sulla branda della sua cella, con i piedi sollevati, le braccia appoggiate alle «inocchia e gli occhifissi. Non era né un buon uomo né un uomo buono, come il John Coffey deIl Miglio Verde; questo era un uomo estremamente cattivo. Forse nemmeno un uomo. Ogni volta che la mia mente tornava a lui, magari mentre guidavo, o mentre aspettavo dall'oculista che mi si dilatassero le pupille, o peggio ancora di notte, a luci spente, sveglio nel letto, ogni volta che lo rivedevo lo trovavo un po' più inquietante. Sempre seduto sulla sua branda e immobile, ma un po' più spaventoso. Un po' meno uomo e un po' più... be', un po' più quello che c'era dietro.
È da lui, uomo o altro che fosse, che la storia cominciò a emergere piano piano. L'uomo sedeva su una branda. La branda era in una cella. La cella era nel retrobottega di un minimarket su Little Tall Island, quella che ricordo ogni tanto come «l'isola di Dolores Claiborne». Perché in un retrobottega? Perché una comunità piccola come quella di Little Tall non avrebbe bisogno di una stazione di polizia, ma solo di uno sceriffo part-time che si occupi dei rari casi di disturbi alla quiete pubblica, per esempio, un ubriaco che dà in escandescenze, o un pescatore un po' troppo manesco che ogni tanto maltratta la moglie. Chi potrebbe essere quello sceriffo? Ma Mike Anderson, naturalmente, proprietario e gestore dell'Anderson's Market.Una persona abbastanza perbene e abbastanza abile con gli ubriachi e i pescatori maneschi... ma supponiamo che arrivi qualcosa diveramente cattivo? Una creatura malvagia, forse, come il demonio che ha invasato Regan inL'esorcista ? Qualcosa che siede immobile dietro le sbarre saldate dal fabbro locale a guardare fuori e aspettare... Aspettare che cosa?
Un bel buco nell’acqua (e magari in acque tempestose) per il Grande Sperimentatore del Maine? Beh, a prima vista sembrerebbe proprio di sì, molti fan non mostrano di gradire molto l’ultima proposta… E così se grande successo ebbero a suo tempo il libro-feuilleton a puntate "Il miglio verde", la prova dei romanzi gemelli e speculari "Desperation" e "I vendicatori" e (ma solo in America) le audiocassette in cui lo stesso King leggeva alcuni suoi racconti, per finire con l’e-book "Riding the bullet", stavolta il libro-sceneggiatura "La tempesta del secolo" non pare convincere molto il pubblico kingofilo. Scritto infatti come una sceneggiatura televisiva "perché – dice King – è così che la storia voleva essere scritta", "La tempesta del secolo" è quindi diventato uno sceneggiato per la Tv (in commercio in videocassetta anche in Italia) con la regia di Craig Baxley. Ma da alcuni siti web i fans italiani insorgono contro questo libro di "frasi smozzicate" che non vale, ad un primo approccio visivo, neppure la fatica della spesa, se non quella della lettura… E certo l’impatto è decisamente duro: non è facile leggersi quattrocentotrentadue pagine di battute serrate che ben poco spazio lasciano alla magnetica prosa kinghiana, quella, per intenderci, che tanto contribuisce a far amare l’opera del bardo del Maine… Inevitabilmente il codice linguistico che una sceneggiatura utilizza è povero e scarno, non esce la forza della parola-cosa, la prepotenza di certi paragoni o similitudini che sfondano la barriera della pagina per farsi materia pulsante di vita e colori. Quindi, certo, una lettura di primo acchito non particolarmente entusiasmante. Eppure. Eppure è grande, questa volta, la forza della storia. A noi cui piace il King mitopoietico, quello che crea miti, quello che s’immerge nella tradizione fantasy fiabistica e folclorica e la riplasma per ricrearla, a noi che amiamo le sue strizzate d’occhio alle Grandi Storie del passato, beh a noi quest’ultimo King è proprio piaciuto. E ci è piaciuto per diversi motivi. Innanzitutto per quella sua capacità di inserirsi nei meccanismi sociali e nelle dinamiche comportamentali di una piccola comunità, analizzandone i normali percorsi, ma anche le schegge impazzite. "La tempesta del secolo" è infatti ambientato a Little Tall Island, la stessa isola della vecchia "Dolores Claiborne" per inciso. E così, com’era stato per "Le notti di ’Salem" e "Cose preziose", King girovaga compiaciuto fra gli armadi pieni di scheletri di un’intera comunità, isolana per di più, con tutto il suo pesante carico di silenzi, egoismi e barriere verso l’esterno.
Ma vogliamo poi parlare della Cosa che Incarna il Male? Si fa chiamare Linoge, André Linoge, ma questo, in fondo, importa proprio poco (se uno non sa fare anagrammi), perché il suo nome e la sua vera identità sono vecchi di secoli e sono sepolti in inspiegabili fatti del passato. Un bel giorno, anzi diciamo pure un gran brutto giorno, questo Linoge arriva a Little Tall, proprio (e guarda caso!) all’avvicinarsi di quella che sarà poi ricordata come la tempesta del secolo. E il suo arrivo non passa certo inosservato: si mette a uccidere chi gli pare scrivendo in ogni dove: "datemi quello che voglio". E quello che Linoge vuole ma, soprattutto, chi è questo Linoge gli isolani lo scopriranno solo a caro, carissimo prezzo. Questa nuova figura del Male, così bella in certe inquadrature (tanto per adeguarsi al concetto di sceneggiatura), porta nei suoi tratti tutti i segni dello stregone–mago de "Gli occhi del drago", ma anche il fascino dei protagonisti di certe fiabe (ricordate il Pifferaio Magico?). Il suo occhio è nero e rosso e indossa degli assolutamente cartoonistici guanti gialli. E questa non può essere solo una casuale affinità con certi personaggi del ciclo "La Torre Nera" o con gli uomini bassi in soprabito giallo (dell’omonimo racconto di "Cuori in Atlantide"). Ma insieme a fiabe, folclore e rimandi al king-mondo, di nuovo fortissima, come in tanti libri precedenti, torna l’ispirazione evangelica, quella che interpreta il Male in chiave biblica e che sbatte l’Uomo-Giobbe faccia a faccia con un destino di sofferenza senza ragione. L’Uomo di King non è mai stato così solo e disperato! E poi ancora, per l’ennesima volta, vittime innocenti del Male, i bambini. Quindi anche per questo romanzo King ha pescato tanto dalla sua famosa "polla dei miti". Ma per tanto che è rimasto, tanto è anche cambiato. E il vecchio King dispensa dosi di disincanto a piene mani: il Male vince, alla fine, come non era stato in passato. E il dolore è eterno e ossessivo. E la vita non potrà più essere la stessa, neppure per la piccola, isolata e chiusa comunità di Little Tall.
Un’operazione forse azzardata dunque, ma solo per il formato. Un libro-non libro è un po’ duro da digerire… Ma i contenuti ci sono e sono buoni e possono certo valere anche la "fatica" della lettura.
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