Trilogia del terrore (1975)[TvRip - DivX - Ita Mp3][TNT Village]
IMDB : tt0073820
TRILOGIA DEL TERRORE TV Rip discreta' qualita-----Una vera chicca Titolo Alternativo: Trilogy of Terror, Tales of Terror, Terror of the Doll USA 1975
COVER & SCREENSHOT:
TRAMA & COMMENTI:
Il film si suddivide in tre celebri episodi, tratti da rispettivi racconti di una delle più autorevoli penne SF/horror del ‘900: Richard Matheson. Tre storie al femminile, che prendono il nome delle rispettive protagoniste. Nel primo, Julie, un furbo studentello si invaghisce della propria insegnante di lettere e, dopo averla drogata, la ricatta subdolamente. Ma le cose non andranno come aveva previsto...
Il secondo segmento, Millicent and Therese, vede due sorelle dalla personalità completamente opposta odiarsi profondamente, fino alla morte: sconvolgente rivelazione finale. Il terzo ed ultimo episodio prende il nome di Amelia (il titolo del racconto originale è Prey): una giovane donna, frustrata dal rapporto con la madre, acquista per il suo fidanzato una statuetta raffigurante un cacciatore Zuni. L'istruzione che accompagna il feticcio recita esplicitamente di non togliere per nessuna ragione la catena che ha alla cintola, altrimenti lo spirito del "cacciatore" prenderà vita. Ma qualcosa va storto per Amelia…
Lo stile "curtisiano" si rivela appieno in questa indimenticabile pellicola: cura nei dettagli degli interni, così straordinariamente "consueti", ma intelligentemente fusi con le caratteristiche dei personaggi. Una fotografia morbida ed avvolgente, tesa a sgravare la cronica povertà di budget ed il taglio televisivo che ha sempre afflitto (e forse anche limitato) il talento del cineasta americano. Buona la direzione dei caratteristi, anche se un'attrice del calibro della Black non ha certo bisogno di troppi suggerimenti per caratterizzare un personaggio.
Molti ricordano in particolare il terzo episodio di questa pellicola, e non a caso: in quest’ultima storia Curtis entra nella leggenda del cinema horror, realizzando un piccolo capolavoro contenuto in un film già molto buono. Straordinario il suo apporto nel montaggio, realizzando magistralmente le lunghe sequenze d’azione con una notevole padronanza del ritmo nell’incastro delle sezioni. Un continuo alternarsi di primi piani, angosciosi piani sequenza e movimenti convulsi della mdp, tengono lo spettatore con il fiato sospeso per tutta la durata dell’episodio. Il materiale filmico, così reso, assomiglia ad un vero excursus nell’incubo, da togliere il sonno agli spettatori più sensibili. E’ incredibile come il regista, con così pochi e poveri mezzi, sia riuscito ad ottenere un risultato così buono nell’animazione del celebre feticcio Zuni. In una recente intervista Curtis svela quanto fu difficile gestire i collaboratori responsabili della marionetta nell’ultimo giorno di riprese, quando tutti stavano oramai congedandosi definitivamente dal set. In quell’ultima giornata furono girate in fretta e furia le inquadrature più importanti del pupazzo, che veniva spostato ed animato con artifizi semplici ma efficacissimi. Un’asticella applicata nella schiena per i movimenti in campo lungo, su spazi più ampi; la mano dell’operatore all’interno della marionetta per le movenze mandibolari nei primi piani più stretti. Nel primo caso, per le sequenze in corsa del feticcio, fu addirittura costruito un pavimento speciale rialzato, con dei canali incisi sulla superficie, poi coperti da un tappeto. In questi solchi-guida si muoveva l’asticella che sosteneva la marionetta, sorretta da un collaboratore che correva nello spazio sottostante il pavimento. Il risultato finale, a trent’anni di distanza, risulta ancora buono, e rende perfettamente tutta la tensione e l’angoscia della storia; una lezione alla quale molti produttori del terzo millennio, tanto affezionati ai magnifici e costosi effetti in CGI, dovrebbero prestare attenzione. Ma ci sono altri motivi per i quali un film a basso budget, girato quasi esclusivamente in interni, entra così prepotentemente nella leggenda: l’ottimo controllo delle sezioni di tensione-rilassamento con il quale il regista cattura lo spettatore, la memorabile interpretazione della Black, l’innovativa gestione dell’elemento “mostruoso”, con una sottilissima vena ironica mascherata di cinismo. Tutte ragioni plausibili, anche se analizzando in profondità sembra esserci un tassello mancante, qualcosa di ancora più primitivo ed elementare che ha reso un potenziale B-movie per la TV un vero e proprio oggetto di culto per appassionati. La risposta sembra risiedere in uno dei fondamentali elementi di ogni buon lavoro cinematografico: il soggetto. Le idee contenute nello script dei tre episodi posseggono un’energia quasi ancestrale, che scava nel nostro subconscio acutizzando le paure più recondite ed inventandone di nuove. Splendida stella nel firmamento del Cinema Horror degli anni 70’ (se non di tutti i tempi), Trilogia del Terrore è un vero must per tutti gli appassionati dell’horror psicologico. Da molti considerato il capolavoro di Dan Curtis, è sicuramente uno dei suoi migliori lavori, che ha lasciato un segno indelebile in almeno due generazioni di appassionati. Straordinaria Karen Black, in una magistrale prova interpretativa, nelle vesti di ben quattro personaggi. L’attrice americana, già messasi in luce brillantemente in famose pellicole come Easy Rider e Capricorn One, dà prova di notevole virtuosismo e versatilità in questa titanica performance. E’ curioso pensare al fatto che la Black, inizialmente, aveva rifiutato di recitare in questo film; l’unica ragione che la spinse ad accettare il lavoro fu la possibilità di ottenere una parte per il suo fidanzato.
La versione Anchor Bay di Trilogia del Terrore contiene una bella intervista alla Black, nella quale l’attrice svela clamorosamente di non aver mai apprezzato particolarmente i film horror (!!). Karen spiega anche come improvvisò totalmente alcuni dialoghi presenti nella pellicola, in particolare quello in cui Amelia discute telefonicamente con la madre possessiva. Ovviamente soddisfatta del prodotto finale, l’interprete americana manifesta comunque tutta la sua ammirazione per il regista e per una pellicola così meravigliosamente terrorizzante.
Il film si suddivide in tre celebri episodi, tratti da rispettivi racconti di una delle più autorevoli penne SF/horror del ‘900: Richard Matheson. Tre storie al femminile, che prendono il nome delle rispettive protagoniste. Nel primo, Julie, un furbo studentello si invaghisce della propria insegnante di lettere e, dopo averla drogata, la ricatta subdolamente. Ma le cose non andranno come aveva previsto...
Il secondo segmento, Millicent and Therese, vede due sorelle dalla personalità completamente opposta odiarsi profondamente, fino alla morte: sconvolgente rivelazione finale. Il terzo ed ultimo episodio prende il nome di Amelia (il titolo del racconto originale è Prey): una giovane donna, frustrata dal rapporto con la madre, acquista per il suo fidanzato una statuetta raffigurante un cacciatore Zuni. L'istruzione che accompagna il feticcio recita esplicitamente di non togliere per nessuna ragione la catena che ha alla cintola, altrimenti lo spirito del "cacciatore" prenderà vita. Ma qualcosa va storto per Amelia…
Lo stile "curtisiano" si rivela appieno in questa indimenticabile pellicola: cura nei dettagli degli interni, così straordinariamente "consueti", ma intelligentemente fusi con le caratteristiche dei personaggi. Una fotografia morbida ed avvolgente, tesa a sgravare la cronica povertà di budget ed il taglio televisivo che ha sempre afflitto (e forse anche limitato) il talento del cineasta americano. Buona la direzione dei caratteristi, anche se un'attrice del calibro della Black non ha certo bisogno di troppi suggerimenti per caratterizzare un personaggio.
Molti ricordano in particolare il terzo episodio di questa pellicola, e non a caso: in quest’ultima storia Curtis entra nella leggenda del cinema horror, realizzando un piccolo capolavoro contenuto in un film già molto buono. Straordinario il suo apporto nel montaggio, realizzando magistralmente le lunghe sequenze d’azione con una notevole padronanza del ritmo nell’incastro delle sezioni. Un continuo alternarsi di primi piani, angosciosi piani sequenza e movimenti convulsi della mdp, tengono lo spettatore con il fiato sospeso per tutta la durata dell’episodio. Il materiale filmico, così reso, assomiglia ad un vero excursus nell’incubo, da togliere il sonno agli spettatori più sensibili. E’ incredibile come il regista, con così pochi e poveri mezzi, sia riuscito ad ottenere un risultato così buono nell’animazione del celebre feticcio Zuni. In una recente intervista Curtis svela quanto fu difficile gestire i collaboratori responsabili della marionetta nell’ultimo giorno di riprese, quando tutti stavano oramai congedandosi definitivamente dal set. In quell’ultima giornata furono girate in fretta e furia le inquadrature più importanti del pupazzo, che veniva spostato ed animato con artifizi semplici ma efficacissimi. Un’asticella applicata nella schiena per i movimenti in campo lungo, su spazi più ampi; la mano dell’operatore all’interno della marionetta per le movenze mandibolari nei primi piani più stretti. Nel primo caso, per le sequenze in corsa del feticcio, fu addirittura costruito un pavimento speciale rialzato, con dei canali incisi sulla superficie, poi coperti da un tappeto. In questi solchi-guida si muoveva l’asticella che sosteneva la marionetta, sorretta da un collaboratore che correva nello spazio sottostante il pavimento. Il risultato finale, a trent’anni di distanza, risulta ancora buono, e rende perfettamente tutta la tensione e l’angoscia della storia; una lezione alla quale molti produttori del terzo millennio, tanto affezionati ai magnifici e costosi effetti in CGI, dovrebbero prestare attenzione. Ma ci sono altri motivi per i quali un film a basso budget, girato quasi esclusivamente in interni, entra così prepotentemente nella leggenda: l’ottimo controllo delle sezioni di tensione-rilassamento con il quale il regista cattura lo spettatore, la memorabile interpretazione della Black, l’innovativa gestione dell’elemento “mostruoso”, con una sottilissima vena ironica mascherata di cinismo. Tutte ragioni plausibili, anche se analizzando in profondità sembra esserci un tassello mancante, qualcosa di ancora più primitivo ed elementare che ha reso un potenziale B-movie per la TV un vero e proprio oggetto di culto per appassionati. La risposta sembra risiedere in uno dei fondamentali elementi di ogni buon lavoro cinematografico: il soggetto. Le idee contenute nello script dei tre episodi posseggono un’energia quasi ancestrale, che scava nel nostro subconscio acutizzando le paure più recondite ed inventandone di nuove. Nel terzo segmento, in particolare, viene enfatizzato il lato innocente e buffo del pupazzo, con cui tutti noi abbiamo avuto più o meno a che fare nell’infanzia. La doppia faccia di tutto ciò che è infantile ma è anche una minaccia, lascia sempre profondamente sgomenti; seguendo un approccio simbolico, tutto ciò che viene dall’infanzia e mostra un lato oscuro, fà sempre molta paura. A monte di tutto ciò, ancora una volta, c’è il genio di Richard Matheson. Lo scrittore del New Jersey scrive tre piccoli gioielli, tre perle incastonate in uno scioccante mosaico di incubi. Definito da Ray Bradbury "Uno degli scrittori più importanti del XX secolo", Matheson si dimostra ancora una volta un autentico maestro della narrativa breve, capace di creare dal nulla agghiaccianti atmosfere di terrore, paranoia e follia. Il suo ruolo di sceneggiatore è sempre stato fondamentale nella Hollywood orrorifica degli anni ‘50 e ’60 (vedi il “ciclo Poe”, con Roger Corman alla regia), e Curtis attinse a piene mani (e con successo) nella narrativa "mathesoniana" in altre occasioni, come in The Night Strangler (1971), Scream of the Wolf (1974) e Dead of Night (1977).
Con Trilogy of Terror Dan Curtis trasforma il feticcio Zuni in una delle più durature e terrorizzanti icone horror degli ultimi 30 anni, divenendo anche l'iniziatore di tutto il filone dei pupazzi malvagi (la serie di Puppetmaster, quella del diabolico Chucky, Pinocchio's Revenge, Dolls, e diversi altri).
Oggetto del desiderio di centinaia di fans (incomprensibilmente, il DVD non è stato ancora distribuito in Italia, se non in lingua originale), e tuttora attualissimo nelle atmosfere e nelle emozioni che suscita, Trilogia del Terrore è “il film del terrore ad episodi” per antonomasia. Un budget enorme non lo avrebbe reso migliore. Tutti i suoi costosi epigoni, compreso il buon seguito firmato dallo stesso Curtis nel 1996, non riescono mai ad eguagliare la luce che ancora, costantemente, emana.
DATI FILE:
Generale #0
Nome completo : Trilogia Del Terrore.avi
Formato : AVI
Formato/Info : Audio Video Interleave
Formato/Family : RIFF
Dimensione : 709 Mb
Durata : 1h 4min
BitRate : 1544 Kbps
StreamSize : 4.44 Mb
Compressore : VirtualDub build 13870/release
Video #0
Codec : DivX 5
Codec/Family : MPEG-4V
Codec settings, Packet bitst : Yes
Codec settings, BVOP : Yes
Codec settings, QPel : No
Codec settings, GMC : 0
Codec settings, Matrix : Default
Durata : 1h 4min
BitRate : 1406 Kbps
Larghezza : 704 pixels
Altezza : 528 pixels
AspectRatio : 4/3
FrameRate : 25.000 fps
Risoluzione : 8 bits
Interlacement : Progressive
Bits/(Pixel*Frame) : 0.151
StreamSize : 645 Mb
Audio #0
Codec : MPEG-1 Audio layer 3
Durata : 1h 4min
Modalità : CBR
BitRate : 128 Kbps
Canali : 1 canale
SamplingRate : 44.1 KHz
Risoluzione : 16 bits
StreamSize : 58.8 Mb
Compressore : LAME3.92U
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